Cara Italia (nell’epoca del COVID)

12.03.2020

Viviamo nell'era del consumo sfrenato e sfacciato. L'unica cosa che importa è il denaro e, senza quello, il tempo perde di significato. È così che molto spesso viene descritto il periodo storico che stiamo vivendo: consumismo. L'ho studiato tanto all'università e in qualche modo il lavoro che sto imparando a fare andrà a supportarlo, a renderlo più forte a diffondersi più velocemente, proprio come sta facendo in queste ultime settimane il virus protagonista dei nostri pensieri H24. 

Coronavirus, si chiama così, o se si vuole fare un po' più gli esperti COVID-19. È partito a dicembre dalla Cina, a Wuhan, o almeno così dicono le fonti ufficiali. L'origine bhe, anche a questo proposito ci sono pareri discordanti; c'è chi dice che è colpa dei cinesi perché hanno mangiato topi e pipistrelli, chi che è stato tutto un complotto organizzato dal governo cinese per eliminare una popolazione anziana, inutile e troppo numerosa, c'è chi invece pensa che il complotto l'abbiano organizzato il mondo occidentale, che con le sue manie espansionistiche, che Alessandro Magno gli fa un baffo, ha voluto affondare l'encomia cinese, preoccupato che potesse diventare la nuova potenza mondiale, superando gli Stati Uniti. 

L'uomo è così, è nella sua intrinseca natura cercare un colpevole, qualcuno da accusare, un capro espiatorio, perché almeno nella noia delle proprie case, quando si può uscire "solo per ragioni comprovate e ove estraente indispensabile", così recita il decreto emanato pochi giorni fa, almeno possiamo occupare il tempo, di cui abbiamo perso il significato, dando la colpa a qualcuno. E ci sentiamo meglio, sollevati, ci siamo puliti la coscienza, ci sentiamo vittime, ci disperiamo. Mi metto anche io dentro questo calderone, nessun escluso.

Al momento non mi trovo in Italia e chiunque potrebbe pensare "che culo!", bhe non è proprio così. Questa epidemia sta letteralmente stravolgendo la vita di tutti, i piani a lungo termine che ci eravamo fatti, soprattutto quando vivi in un altro stato e pianifichi con mesi di anticipo il tuo rientro a casa. Ho pianto anche io, ho dato la colpa ai cinesi, poi agli scienziati, che si muovessero per trovare un vaccino, ho letto ogni dieci minuti notizie più o meno affidabili con la speranza di leggere anche solo uno spiraglio di positività, volevo sentire che la situazione stava migliorando e che non sarebbe andato tutto a puttane, ma no, niente notizie positive, anzi. La zona rossa si espande da pochi comuni a tutta la mia regione e poi a tutta l'Italia. La gente fa fatica a capire che deve stare in casa, come biasimarli, quando tutto quello che abbiamo viene dato per scontato, uscire a fare un aperitivo non è solo un diritto ma un dovere. 

In tutto questo marasma di emozioni, sentimenti, incertezze ho pensato che forse dovremmo pensare a quello che questo virus ci sta dando piuttosto che a quello che ci sta togliendo. Lo so è difficile da metabolizzare ma si chiama gratificazione differita (non lo dico io, è la psicologia che parla) e noi, popolo del qui e adesso, non comprendiamo proprio questo concetto. Nonostante ciò, grazie a questo periodo di negazioni spero, nel mio cuore, che riusciremo ad apprezzare con maggiore consapevolezza ciò che abbiamo sempre dato per per scontato, proprio come un aperitivo il sabato sera a Milano. Spero che saremo più consapevoli del fatto che ci sono persone che vivono in questa condizione di privazione per anni, che possono durare una vita intera, senza avere colpa, se non quella di essere nati in un posto meno "fortunato". 

E se da un lato questo è quello che spero, la mia naturale propensione nel vedere sempre il lato negativo di ogni cosa (come una forma di difesa, se sai già che potrà andare male almeno non rimarrai deluso e se va bene, bhe tanto meglio, potrai essere ancora più felice), tornando al punto, penso che nella realtà dei fatti, si certo, le persone si renderanno conto della loro immensa fortuna quando tutto questo sarà finito, per un tempo che nel migliore dei casi durerà un paio di giorni. E poi via, si torna alla frenesia che avevamo abbandonato settimane prima, perché "l'economia deve ripartire" "ci dobbiamo rimboccare le maniche" ecc... già so che questi saranno alcuni titoli di giornali e telegiornali che se prima facevano speculazioni sulla tragedia, lanciando allarmismi e panico controproducente, ora si ergono a eroi e paladini della giustizia di un'Italia che deve ricominciare ad alzarsi. 

Amo il mio paese, sono fiera di essere italiana e quando mi chiedono da dove vengo, lo affermo a gran voce e con fierezza. Per questo ti auguro Italia di mettercela tutta, perché mi manchi e mi mancano le persone che ci vivono, che sono quelle a me più care. Ti sono vicina, anche se lontana. 

 Ci vediamo presto, 

Chiara L.

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