Da grande voglio essere felice

23.10.2019

Ciao amici, come state? Da me si va avanti, accumulando pensieri che ogni tanto vengo a sfogare qua sul blog (perdonatemi).

Dopo aver rimandato a data da definirsi il capitolo sulle relazioni amorose e coniato una nuova etichetta per definire il mio status sentimentale alias "zitella per scelta" (prego Zuckerberg di aggiungerla al menù a tendina di Facebook. grazie.), in seguito anche a una frase detta da una persona molto saggia secondo cui io sarei troppo profonda e intelligente per il maschio medio (va bene, le parole esatte sono state "profonda e complicata", ma fa lo stesso), ho deciso di scoprire cos'altro ha questo mondo da offrirmi. Oltre alla sfiga, l'ansia e le delusioni. Intendiamoci.

Da una settimana circa ho aperto il profilo su LinkedIn, giusto per dare alla mia immagine la parvenza di donna in carriera. E, ecco, faccio i miei complimenti a tutti ragazzi, perché mi sa che l'unica che non ha ancora capito cosa vuole fare da grande sono io! Che poi utilizzo sempre l'espressione "da grande" come se fosse un tempo lontanissimo, quando in realtà ormai lo sono già. Grande, dico. A proposito, nell'asso di tempo fra il mio ultimo post e questo, ho compiuto trent'anni! Chi non mi avesse fatto gli auguri può, ovviamente, approfittarne ora. Pensavo che l'evento mi avrebbe traumatizzata, invece non è cambiato proprio un cazzo. L'unica vera scocciatura è stata trovare la candelina con il numero 3 da mettere sulla torta al posto del 2, che ha dovuto abbandonare dignitosamente la scena.

Comunque, sarà che sono abituata a vivere nel mio mondo abitato da fatine imbranate e unicorni luccicosi, che piano piano però si sta incattivendo, ma non mi ero mai resa conto di quanto le persone là fuori fossero competitive. Soprattutto brave nel vendere se stesse, cosa che io ancora non so fare. Io parto sempre raccontando prima di tutto i miei difetti, perché penso che l'altro debba essere consapevole di ciò a cui va incontro, e i pregi...beh, quelli poi emergeranno da soli. Sono un po' come la sorpresina che trovavi nelle merendine che compravi da bambino: ti tocca prendere tutto il pacchetto, ma poi ne vale la pena. Invece no. Da adulti non funziona più così. Se desideri ottenere un po' di credibilità, devi mostrarti subito sicuro e determinato, anche se ti stai cagando sotto e necessiti di prendere le gocce omeopatiche per arrivare incolume a fine giornata. Inoltre serve avere tante qualifiche, tutte rigorosamente in inglese, come in una specie di asta dove vince chi ha offerto la cifra più alta. Non c'è posto e tempo per chi ancora ha bisogno di capire, per chi deve riflettere e trovare il proprio vero io interiore; il rischio è di rimanere indietro nella corsa e non riuscire più a rimettersi in pari con gli altri partecipanti.

In questi giorni sto leggendo un libro - spero di riuscire a finirlo entro Natale, vista la mia naturale lentezza - che avevo preso in prestito in biblioteca in un pomeriggio soleggiato e pieno di buoni propositi, con l'intento di andare al gruppo di lettura che si riunisce nel mio super paesino il primo martedì di ogni mese. Il titolo è Appuntamento al Cupcake Café di Jenny Colgan. Quando ho capito che i testi erano un pochino più impegnativi del mio romanzetto, ho lasciato perdere l'incontro del martedì, cancellando con una bella riga rossa il programma dalla lista. Per farla breve, la trama racconta di una donna sui trentanni (guarda caso) che nello stesso giorno perde sia il lavoro che il fidanzato (altro caso), allora, dopo un periodo passato a deprimersi e a piangersi addosso, decide di riprendere in mano la sua vita e realizzare quello che è stato il suo più grande sogno fin da quando era bambina: aprire una piccola caffetteria che vende torte e cupcakes fatti in casa. A me diverte cucinare, ma non così tanto da voler aprire un negozio di dolci e passare le mie giornate a impastare con il naso sporco di farina. Tuttavia, mi sono resa conto che alzarsi al mattino con uno scopo da perseguire, qualunque esso sia, è senza dubbio meglio. 

Probabilmente, nel maldestro tentativo di diventare quello che credevo la società volesse da me, ho dimenticato cosa davvero io volevo essere. Se dovessi rispondere a quella famosa e odiosa domanda "come ti vedi fra cinque anni?", direi che immagino una me intenta a scrivere sul suo computer portatile, un Mac rosa, in un bilocale piccolo e pieno di disordine, davanti ad una finestra da cui si vede il profilo di qualche città luminosa e sommersa dal traffico. Un po' quello che sto facendo adesso, forse, anche se sto scrivendo di nascosto qui nel mio ufficio (shhh non ditelo a nessuno, eh!) e il panorama non è così meraviglioso. Magari non bisogna per forza essere uomini o donne in carriera per sentirsi appagati e felici, ma è sufficiente ritagliarsi un piccolo angolino per sé in mezzo a tutte le cose che non abbiamo voglia di fare e che purtroppo siamo costretti. O magari questo è sinonimo di accontentarsi, e nella vita non si dovrebbe mai farlo, perché non è vero che chi si accontenta gode. Chi si accontenta muore, che è ben diverso. 

Personalmente, non sono mai stata una tipa più di tanto ambiziosa. Cosa di cui ora un po' mi pento. Ho sempre pensato che fra un mestiere che ti porti spesso lontano da casa e il rientrare ogni sera perdendosi nel calore di abbraccio, avrei preferito la seconda opzione.

Oggi vorrei scegliere la terza alternativa: tornare a casa e perdermi in un abbraccio, sapendo di aver fatto qualcosa che mi appassioni. Qualcosa che mi aiuti a sentirmi viva. E se non avrò nessuno ad aspettarmi, per ricollegarmi al discorso sullo stato sentimentale, abbraccerò forte il mio cane. Che di sicuro sarà contento di vedermi e me lo farà capire sbattendo la coda su e giù per tutta la stanza. Dopo avermi rubato una calza dal cassetto della biancheria per farmi un dispetto. Ai cani piace l'odore dei piedi, chissà come mai.

Sicuramente la via in direzione della felicità, ammesso che esista una tale condizione emotiva, è lunga e in salita, fatta da tanti semini che si buttano per terra e coltivano giorno per giorno. Alcuni muoiono strada facendo, altri rinascono. Altri ancora li butti quando non avresti mai pensato di farlo, quasi come una scommessa, con la curiosità di scoprire cosa crescerà. 

Io i miei semini sto cercando di lanciarli. Dove mi porteranno non lo so, ma spero sia verso qualcosa di bello. 

A presto,

Alenka

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