Per dirti "ciao"

14.02.2019

Oggi è il 14 febbraio - San Valentino per gli amici - e non posso fare a meno di pensare all'amore in questo giorno. Più del solito. Tra l'altro stamattina, ovviamente senza farlo apposta, mi sono messa su un maglioncino rosa con i cuoricini che non indossavo da mesi, tant'è che ho dovuto tirarlo fuori dal fondo della scatola tutto stropicciato. Quando me ne sono accorta, mi è venuto da sorridere. Quel sorriso disperato di chi si ritiene ormai "alla frutta". Ma almeno, da qualche parte, c'è qualcuno che si diverte con le mie rocambolesche disavventure. Comunque. Se penso all'amore, inevitabilmente, penso a te. Ho deciso di scrivere questa "lettera", perfettamente consapevole che tu non la leggerai (ed è meglio così), perché ho troppe cose dentro, che mi porto dietro da mesi. In realtà parlo con te, ma è come se mi rivolgessi a me stessa. Il bello della scrittura, in fondo, è proprio questo: con la scusa dell'impeto creativo, essa ti consente di parlare di tutto, anche mostrando quei tuoi lati più intimi che dovrebbero rimanere nascosti alla maggior parte della gente, senza il rischio di apparire agli occhi degli altri patetici o ridondanti (ok, patetica forse un pochino sì). Perché per scrivere servono emozioni e ogni emozione taciuta finisce, semplicemente, per essere persa. Ed io non voglio perdere più niente.

Ho rinominato questo scritto con il titolo di una canzone di Tiziano Ferro che però, se non ricordo male, racconta le pene di un lutto. In internet dicono che quando si conclude una storia d'amore importante, la sofferenza che si prova sia paragonabile a quella della perdita di una persona cara. Non ho ancora dovuto affrontare la morte di qualcuno, per fortuna, quindi non saprei dire se questa affermazione è vera. Di certo so che da quando è finita tra di noi, io non sono più la stessa. È come se, da un giorno all'altro e senza il mio consenso, mi fosse stata strappata via con violenza la parte migliore di me. La verità, come si sarà capito dal sottotesto di ogni mio articolo e dalle frasi in stile Moccia che continuo a condividere, è che questa cosa io non riesco proprio a superarla. Probabilmente perché non credevo sarebbe mai stato necessario farlo. Probabilmente perché, risposta più semplice e onesta, non voglio nemmeno.

Tu mi hai cambiato la vita in un modo così forte e profondo per cui, adesso, mi è impossibile tornare indietro. Mi hai fatto provare tutte quelle sensazioni che, da inguaribile romantica quale sono sempre stata, evidenziavo nei libri, cercavo nei film o cantavo nelle canzoni. Con te mi sono sentita viva, amata, felice. E questo mi ha portata ad avere fin da subito un'incredibile paura di perderti che, spesso, non ha fatto uscire i lati migliori del mio carattere. Sono una rompicoglioni, lo ammetto. Il non sapere mai esattamente cosa mi merito, mi porta a farmi mille domande che una persona più forte di certo non si farebbe. Non puoi capire che condanna sia non sentirsi mai sicuri di niente. Sono gelosa, paranoica. Quando tengo a qualcuno, vorrei essere il centro del suo mondo anche se poi, razionalmente, sono cosciente che questo non sia giusto e neanche possibile. Però mi piace l'idea di essere indispensabile per chi amo, mi è sempre piaciuta. Non so fidarmi delle persone, ma che ci posso fare, la realtà non è mai stata troppo generosa con me da questo punto di vista (come con chiunque di noi, credo) e alla fine anche tu, se ci pensi, non hai saputo mantenere tutte le promesse che mi avevi fatto. Sono rimaste solo delle belle parole vuote, incise nella mia testa e nei messaggi che ogni tanto mi metto a rileggere perché mi piace farmi del male. 

Il quesito che mi pongo da mesi, l'altro motivo per cui non riesco ad andare avanti, riguarda me e quella terribile percezione, radicata in ogni parte del mio corpo come un'edera velenosa, di essere stata io a farti andare via. Io con le mie paure, accumulate in tanti anni che, nonostante tu per me fossi l'amore, non riuscivo a cancellare. Come dice un brano di Raige, che ascoltavo sempre in un altro periodo particolare della mia vita, "Tutto ciò di cui hai paura ti capita - Come se fosse una formula matematica" e questo, praticamente, è ciò che è successo a noi. Tutto ciò di cui avevo paura è capitato. E quindi ti odio perché, oltre a dover combattere contro la tua mancanza, mi hai lasciato con questo dubbio che m'impedisce di odiarti completamente e convincere me stessa che sei stato un coglione a mandar via una come me, che avrebbe fatto qualsiasi cosa per vederti felice. Del resto, se fossi stata davvero così meravigliosa come ripetevi, ora saresti qui. Non a cercare la figona di turno in discoteca. O no? Vaffanculo doppio.

E triplo. Ce l'ho con te perché, in verità, non riesco a odiarti per niente. Questa settimana, al lavoro, ho combinato il mio solito casino: mentre mi lavavo i denti, ho impiastricciato tutta la frangia di dentifricio. Quando me ne sono accorta, mi sei venuto in mente tu e tutte quelle volte in cui dovevi pulirmi l'angolo della bocca dal dentifricio perché, come una bambina spastica, mi sporcavo sempre. Tu che mi prendevi in giro perché quando mi lavo i denti ci metto dieci minuti. In quel momento mi è salita una voglia pazzesca di prendere il telefono e scriverti per raccontartelo, ma poi mi sono resa conto che non posso più farlo. E allora ho capito che non ho perso solo l'amore, i miei sogni e le prospettive di un futuro felice. Quello che non ho più, prima di tutto, è il mio migliore amico.

Oggi è un'altra bellissima giornata, al sole fa anche caldino. Quel torpore che però non scalda il cuore come dovrebbe. Avremmo potuto essere al parco, buttati nell'erba (o meglio, io sarei stata buttata su di te che eri il mio appoggio preferito) a goderci la vita. Che poi riflettendoci no, perché nella realtà è giovedì ed io sarei al lavoro mentre tu saresti a fare le tue cose. Dovevamo prendercela, ogni tanto, una pausa dal mondo, senza dover aspettare necessariamente qualche festa o occasione particolare. C'ho pensato tante volte, ma non l'ho mai fatto. Si scopre sempre dopo l'importanza di certi piccoli gesti. Come quando volevi fotografarmi e, dopo un po', ti dicevo che avevi rotto perché non mi piace farmi fare le foto. Non mi sono mai sentita particolarmente gnocca, ma adesso capisco che in quegli attimi ero bella perché potevo essere me stessa. Grazie a te. E non esiste niente di meglio. Poi tu, con la fotografia, sei sempre stato bravo. Hai un vero talento. Questa è un'altra delle cose che mi piacerebbe dirti, ma che ormai tengo per me. 

Come vorrei sapessi che non riesco a decidermi con quella storia del comprare casa, perché una parte di me spera ancora che un giorno possa avverarsi quel sogno (che era tuo, ma poi è diventato un po' anche mio) di andare a vivere in America. E mollare tutto e tutti. Magari avremmo aperto un bel chioschetto a Los Angeles, per poi trascorrere le nostre giornate a bere cocktail ghiacciati e a guardare i tramonti sul mare. Con me che ogni tanto m'incazzo perché qualche biondona californiana ti fa gli occhi dolci. Evidentemente era tutto troppo bello per essere vero.

Ora la smetto perché comincio un po' a sentirmi come Dante quando scriveva a Beatrice. Ma ti ricordo con cura, ogni giorno. Ti proteggo da tutti quelli che vogliono farmi credere che non eri così speciale. Custodisco i nostri luoghi e i nostri momenti con estrema gelosia. In questo sono stata più brava (e più innamorata) di te, che hai stabilito alla fine che io non fossi abbastanza. Che le pozze nere dei miei difetti non venissero più colmate dalla luce dei miei pregi. Spero che almeno un po' tu mi abbia amata sul serio. Per me sei, e sarai sempre, l'amore della mia vita. Niente e nessuno riuscirà a convincermi del contrario. Nemmeno tu.

Alenka

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