Riflessioni post sushi del venerdì sera

24.08.2019

Ciao a tutti/e! Come state?

Avrei voluto tornare con una lunga e dettagliata lista di consigli sui posti da visitare a Rodi, dopo la mia vacanza che ormai sembra un ricordo lontanissimo, portando questo blog a fare un salto di qualità: da quasi trentenne disperata a travel blogger. Ma dato che sono ben lungi dall'esserlo, nonché gran parte delle cose che mi prefiggo non viene mai mantenuta, l'unico consiglio veramente utile che mi sento di darvi è il più semplice: cercate su Internet.

Quindi eccomi. Al qui e ora. Non so se sia colpa dell'insonnia o dei cinque piatti di sushi che ho mangiato per cena facendomi venire ora una sete pazzesca o di entrambe le cose, comunque mi è salita alla mente una delle mie tipiche riflessioni leopardiane che vorrei provare a condividere con voi. Vi è mai capitato di pensare di essere un "fastidio" nelle vite degli altri? Mi spiego meglio: avete mai avuto il sentore che la vostra presenza, invece di portare felicità e colore nell'esistenza di qualcuno, possa al contrario appesantirla? A me sì, ultimamente è successo. 

Analizzandomi per un attimo da fuori, capisco anch'io di avere un carattere piuttosto "ingombrante" e di non potermi definire come una persona "facile da gestire". Per usare una metafora che mi piace, so di avere mille nodi per la testa, alcuni complicatissimi (se non impossibili) da sciogliere, e che se qualcuno dovesse provare a pettinarmi i capelli, si stancherebbe dopo le prime spazzolate. 

Non sono mai stata l'anima della festa. Non mi è mai interessato, in verità. Magari per il panico che, esponendomi troppo, gli altri avrebbero potuto accorgersi di quanto sono grandi i miei difetti. A scuola ero la classica ragazza occhiali e libri, quella che non viene mai cagata tranne che durante i compiti in classe. Allora lì improvvisamente diventavo la migliore amica di tutti. E' andata avanti così più o meno fino alla terza/quarta superiore quando, forse stanca del mio modo di vivere piatto e privo di emozioni (esclusi gli elogi per i miei temi che, giusto per tirarmela un pochino, mi hanno sempre dato una certa soddisfazione), decisi che era arrivato il momento di cambiare. Piano piano scoprii che la gente si divertiva con me: le mie battute, quelle che evitavo di dire per paura di qualche figura di merda, facevano ridere e io ero addirittura simpatica a chi mi stava intorno. Incredibile. Ho scoperto anche di saper comportarmi da stronza, se serve. E che una risposta acida data da un presunto timido vale doppio, poiché nessuno se l'aspetta. 

Adesso non sono più timida, anzi, mi reputo nel complesso abbastanza estroversa se la situazione mi mette a mio agio (a volte si verifica pure il contrario: divento quasi logorroica quando sono in imbarazzo). Tuttavia, la sensazione di sembrare la sfigata che i compagni non vogliono in squadra con sé ad educazione fisica mi è sempre rimasta un po' appiccicata addosso (tra parentesi io abolirei quella materia immediatasubito: perché se sei una capra in matematica nessuno dice niente, ma se non riesci a prendere una palla durante l'ora di pallavolo son cazzi tuoi). Motivo per cui, appunto, mi porto continuamente dietro questa vena solitaria e malinconica, che fino a poco tempo fa ritenevo affascinante, ma che oggi comincia a starmi un po' sulle palle. Visto che, in sostanza, rende tutto più complicato. Ora come ora vorrei tanto essere una normale ragazza spensierata, tutta sorrisi e divertimento, senza quelle odiose ansie da prestazione o quei timori di non apparire all'altezza che m'inseguono, rovinando anche i miei momenti più belli (chi era presente il giorno della mia laurea sa di cosa parlo).

Anyway quello che ho scritto vuole semplicemente arrivare a porre una domanda: come possiamo pensare che gli altri ci ritengano un valore aggiunto per le loro vite, se siamo i primi a non considerarci tali? A credere che, in fin dei conti, si stia meglio senza di noi, i nostri casini, le nostre debolezze. Non lo so, ma è un aspetto su cui vorrei lavorare...

Concludo con una frase letta nel libro "Vita con Lloyd - I miei giorni insieme a un maggiordomo immaginario", ossia una raccolta di mini dialoghi che ognuno di noi dovrebbe avere sul proprio comodino, a mo' di Bibbia, perché regala delle vere perle su cui riflettere:

"Lloyd sai dov'è la mia tranquillità? Son ore, giorni e settimane che la cerco!"

"Credo che sia vicino al suo equilibrio sir."

"Lloyd io non ho mai avuto un equilibrio."

"Se è per questo non ha mai avuto nemmeno una tranquillità, sir."

"Ma ce l'hanno tutti..."

"Sir, se mi consente, lei forse sta confondendo la tranquillità con la sua imitazione: la noia."

"E non va bene ugualmente?"

"Sinceramente sir, secondo me è meglio la sua solita sana irrequietezza."

"Dici Lloyd?"

"Certo sir, se non altro è originale"

"Grazie Lloyd."

"Prego sir."

Vi abbraccio,

Alenka

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